Per raccontare e documentare la mia esperienza in questo ambito faccio riferimento ad un libro
pubblicato nel 2017 Il suono oltre il silenzio – Incontri con la musica nelle cure di fine vita
https://stores.streetlib.com/it/laura-gamba/il-suono-oltre-il-silenzio/
Il libro è il distillato di dodici anni di esperienza umana e professionale all’interno di strutture
dedicate alle cure di fine vita. L’autrice, musicoterapista professionista, racconta la propria
esperienza sul campo soffermandosi a riflettere non solo sul significato e il valore che può assumere
la musicoterapia in Hospice, ma anche su tematiche fondamentali inerenti il fine vita.
Ogni capitolo racconta l’incontro con un paziente – ovvero con una persona e in alcuni casi con i
familiari – ed è un tentativo di ricostruzione di un clima emotivo, di una fotografia impressa nella
memoria, di un breve, a volte brevissimo, percorso di incontro, scambio, conoscenza e separazione.
Ognuna delle persone di cui si parla in questo libro, nel momento in cui ha accettato di avventurarsi
in un percorso condiviso di ascolto, della musica e non solo, ha reso possibile nella propria vita e in
quella dell’autrice un cambiamento e una trasformazione, contribuendo con una piccola porzione
all’edificio che costruiamo durante questa esistenza andando alla ricerca del senso.
Nella Postfazione si entra nel dettaglio rispetto la modalità con cui viene proposta l’esperienza della
musicoterapia ai singoli pazienti e ai loro familiari, in stanza e nel gruppo di sostegno; non mancano
riflessioni in merito al significato della musica e della musicoterapia in un contesto così speciale
come quello dell’Hospice e alle problematiche specifiche inerenti le cure di fine vita.
Nell’Appendice, a partire da materiali ricavati da fonti ufficiali, si entra nel merito di questioni quali
le cure palliative e la sedazione terminale.
Il volume si rivolge agli addetti ai lavori (musicoterapisti, psicologi, medici, infermieri, assistenti
sociali, operatori socio sanitari, volontari), a pazienti e familiari e a tutte le persone a vario titolo
interessate alle problematiche legate alle cure palliative e alla sedazione terminale, oltre che
all’applicazione della musicoterapia in Hospice.
Di seguito alcuni estratti:
(pag. 3 – 4) Un libro di grande interesse e di straordinario impegno umano e civile che avrebbe
diritto alla massima diffusione (…) dovrà trovare un’adeguata visibilità e un’adeguata
collocazione.
Il libro presenta anche un’utile Appendice in cui viene fatto il punto sui vari aspetti (soprattutto
legislativi, ma non solo) delle cure palliative e della terapia del dolore che si praticano negli
Hospice: in proposito c’è scarsa informazione, ci sono molti pregiudizi che si radicano nella grande
difficoltà di affrontare serenamente i problemi del fine vita. La Postfazione è particolarmente
interessante: è il distillato di una protratta riflessione dell’autrice sul senso della musicoterapia e
sulla sua lunga esperienza in proposito in diversi Hospice, sul significato, più in generale, che può
avere la musica, sui diversi tipi di reazione alla musica − riflessioni in cui meno sistematicamente ci
eravamo già imbattuti leggendo i singoli ritratti dei malati. (dal Giudizio del Comitato di lettura del
Premio Calvino)
(pag 65 – 66) Ho portato la Marseillaise cantata da Milva; Astolfo la vuole ascoltare due volte.
Indossa un cappellino di lana rosso con una sciarpetta, rossa anch’essa; in particolare durante il
secondo ascolto dell’inno nazionale francese si entusiasma ed agita il braccio in alto. Non posso
sapere cosa significhi per lui questa canzone, in quali luoghi lo riporti e quali memorie gli
restituisca, non posso sapere dove si stia dirigendo nella sua immaginazione con il braccio alzato
mentre con un filo di voce segue il testo della canzone. Non posso fare a meno di immaginarlo nei
panni di un giacobino, sulle barricate della rivoluzione, con il berretto rosso e il braccio alzato in un
gesto che incoraggia ad andare avanti, a continuare in mezzo alla battaglia.
È questa l’immagine che conservo di lui, piccolo e fragile nel suo letto, l’espressione un po’
spaurita, infreddolito dentro il suo cappello e dietro la sua scarpetta di lana rossa; la vitalità tutta
raccolta in un gesto che guarda avanti e lontano, in un luogo che si trova forse indietro, nella
memoria, o forse avanti, non sappiamo dove.
(Pag 136 – 138) Seguo Lino che con passo leggero e sicuro è già accanto al letto e prende la mano
di Caterina che respira appena, immobile, composta. Trasfigurata rispetto l’ultima volta in cui la ho
vista ha il corpo rimpicciolito, il viso assottigliato di un colorito grigio terreo che mai ho visto
prima, le labbra bianche. Sentendo il polso, il respiro, la consistenza e la temperatura della pelle
Lino afferma – senza timore di sbagliare – che Caterina sta morendo, è questione di momenti;
ribadisce che non è il caso di lasciarla sola proprio adesso, lui sa riconoscere questi segnali, già
molte volte visti. Standomene per quanto possibile in disparte, temendo di violare il confine
invisibile tracciato intorno al letto, accendo la musica ad un volume delicatissimo, quanto basta per
alleggerire il silenzio. Tra i dischi che ho a disposizione in quel momento scelgo senza esitazione
Bach (Suite per orchestra n. 3 in re maggiore, BWV 1068, secondo movimento Aria). I suoni lenti
e legati degli archi si muovono delicatamente nella penombra e nel silenzio, chissà se arrivano a
Caterina, e come; di sicuro arriva a noi una melodia nota e rassicurante. Di lì a poco Lino mi
informa che Caterina non respira più.
Improvvisamente e inaspettatamente arrivano due signore, non parenti ma amiche ex infermiere di
una casa di riposo, come loro stesse prontamente e puntualmente precisano non appena entrate in
stanza. Sebbene commosse e impressionate dalla concomitanza del loro arrivo con il decesso, non
hanno alcuna difficoltà a prendere rapidamente e con sicurezza possesso dello spazio della stanza: si
mettono subito a trafficare intorno al letto, al comodino e all’armadio, ripercorrendo gesti fatti
chissà quante volte nell’arco della loro carriera; una di loro con una mossa rapida e precisa va ad
aprire la finestra.
Senza interrompere il silenzioso dialogo di gesti con l’amica, la signora che ha aperto la finestra mi
spiega che ciò che ha fatto può sembrare strano ma non lo è; l’altra annuisce con un’espressione
composta e greve e nel contempo alleggerita dalla chiara certezza.
Per la verità non avevo dato particolare importanza al gesto che mi sembrava dettato dalla
percezione della temperatura e della mancanza d’aria, gesto che io stessa farei molte volte ma che
mi trattengo dal fare per riguardo nei confronti di chi abita la stanza.
Molto più del gesto mi stupisce la giustificazione che la signora ci tiene a dare: è per l’anima, che
così può uscire e salire in cielo; così hanno insegnato le suore con cui le signore hanno lavorato per
tanti anni.
Mi sembra strana questa concezione dell’anima come qualcosa di spirituale ma al contempo di
sostanziale e materiale, dal momento che va aiutata nel superare la difficoltà che deriva
dall’attraversare la consistenza e lo spessore del vetro della finestra per uscire dalla stanza e andare
dove deve.
Osservo le signore che, arrivate improvvisamente, non hanno mai smesso di muoversi nella stanza
commosse e affaccendate parlando tra loro, con Lino e con me; considero che, una volta superato
quel momento, improvvisamente il sacro rispetto del cerchio di silenzio e di quiete che circondava il
letto si è spezzato: gesti sicuri, manovre rapide, operazioni svelte ed efficaci si rivolgono al corpo
ormai inerte prendendo il posto di avvicinamenti discreti, carezze delicate, parole sussurrate.
Avrei preferito conservare quell’immobilità e quel silenzio ancora per un po’, avrei lasciato
terminare l’aria di Bach e con lei avrei lasciato dissolversi la vibrazione dell’ultimo respiro insieme
al suono.
Così non è stato. Credo che le signore non si siano nemmeno accorte della musica.
Musicoterapista (Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, Psichiatria, Cure palliative e Hospice) e collabora con diverse associazioni di volontariato (famiglie di bambini disabili, pazienti psichiatrici, persone con malattia di Parkinson, assistenza ai malati terminali).Autrice di numerosi libri.