ABSTRACT
In riferimento alla musicoterapia in oncologia vengono presentate alcune riflessioni sul tema della
dimensione nostalgica e del trauma connessi alla elaborazione creativa ed artistica.
Viene presentata e descritta una esperienza svolta in piccolo gruppo con pazienti oncologici con
indicazioni specifiche sulla metodologia di lavoro.
Viene infine svolta una breve analisi della letteratura scientifica nell’ambito della applicazione della
musicoterapia in oncologia e nelle cure palliative.
PREMESSA
La forma artistica viene esplorata come via privilegiata alla comunicazione di esperienze interiori
con l’obiettivo di sviluppare capacità simboliche attraverso una dimensione pre-logica e pre-
linguistica. La forma artistica permette di percepire e rappresentare i più complessi e profondi
fenomeni psichici contattando stati interni apparentemente inaccessibili.
Possiamo quindi pensare che il lavoro creativo nasca e si sviluppi dalla assenza e dal dolore e la
formazione del simbolo sia il risultato di una perdita direttamente connessa alla dimensione
nostalgica. Questo avviene a condizione che la realtà psichica possa essere differenziata dalla realtà
esterna e il simbolo venga differenziato dall’oggetto (Segal, 1952). A questi aspetti sono dedicati i
prossimi paragrafi.
ARTE, MUSICA E DIMENSIONE NOSTALGICA
Il termine nostalgia, etimologicamente “dolore per il ricordo”, entra nel vocabolario europeo nel
XVII secolo per opera di un medico svizzero alle prese con una grave patologia diffusa tra i suoi
connazionali, costretti a restare a lungo lontani da casa (Hofer, 1688).
Possiamo associare la nostalgia, come propone la psicoanalisi, al processo di sublimazione presente
in ogni creazione artistica. L’artista lavora attorno alla memoria per aprire e aprirsi al non ancora
conosciuto. La nostalgia è in questo senso da considerare prevalentemente una risorsa poichè non si
tratta di rimanere incollati passivamente ai nostri ricordi ma di attingere ai ricordi attivamente per
fare emergere un nuovo senso della realtà.
È un modo positivo di afferrare il senso della caducità della vita che non rende un fiore meno bello
per il solo fatto che sia presto destinata a sfiorire. “…contestai però al poeta pessimista che la
caducità del bello implichi un suo svilimento…..il valore della caducità è un valore di rarità nel
tempo. La limitazione della possibilità di godimento aumenta il suo pregio” (Freud, 1915).
La nostalgia espressa nell’opera d’arte è tutta in questo sentimento della bellezza della vita che sa
conservarsi nonostante sia destinata a terminare a causa della sua caducità.
Se ripercorriamo brevemente il pensiero psicoanalitico riferito al prodotto artistico vediamo che
inizialmente questo è indicato come evasione e il poeta è pensato come persona che gioca e
fantastica per una impossibilità di accedere direttamente al mondo reale (Freud 1895, 1900, 1911).
Ciò che nel bambino è gioco nell’adulto diviene fantasia e attività del fantasticare e il gioco viene
contrapposto alla realtà “contrario del giuoco non è ciò che è serio ma ciò che è reale” e il poeta è
visto come “sognatore in pieno giorno” (Freud, 1907). In questa visione viene indicato il prodotto
artistico come realizzazione allucinatoria dei propri desideri inconsci e il discorso artistico diviene
strumento di comprensione del mondo psichico nelle dimensioni che non possono essere spiegate
razionalmente ma a cui sembra possibile accedere attraverso le forme della creazione artistica
(Chasseguet-Smirgel, 1971).
Il mistero dell’opera d’arte coincide col mistero che è l’oggetto materno per il bambino. Nel suo
donarsi e sottrarsi, essere presenza e assenza, dono e mancanza la madre e il bambino sviluppano
una reciproca dinamica relazionale. Possiamo così pensare al processo creativo come ad un ambito
che prosegue in altra forma un dialogo dalle infinite forme e che permette un contatto reciproco tra
fruitore e opera d’arte.
Nel pensiero psicoanalitico contemporaneo il linguaggio artistico diviene così luogo privilegiato per
la comprensione e la conoscenza dell’ animo umano. La mente si dispone ad accogliere forme
impreviste capaci di evocare l’invisibile, di mostrare l’indicibile e di mostrare l’inaudito.
Arte e musica sono stimolo alla conoscenza e alla comprensione di sé e dell’altro. Attraverso la
bellezza sono evocate emozioni, pensieri e fantasie inconsce non altrimenti contattabili o dicibili.
L’esperienza estetica ci conduce attraverso trasformazioni formali di parti del Sè inaccettabili e
rifiutate o percepite come inaccettabili che divengono pensabili e ascoltabili. Per fruire del prodotto
artistico appare necessario trasferirlo in un nuovo elemento sensibile, immagine, suono o parola
prestati dalla propria fantasia (Di Benedetto, 2000).
Il desiderio di conoscere l’oggetto artistico ci spinge a prenderne le distanze per poterlo osservare.
Esso trae piacere dal ritrovare ciò che sembrava perduto e osservare qualcosa che si è differenziato
da noi o dentro di noi. Nasce così il principio generatore di una conoscenza priva di parole, ipotesi
confermata dal celebre aforisma che recita “L’ arte non riproduce ciò che è visibile, ma rende
visibile ciò che non lo è” (Paul Klee, 1907).
L’ artista o il musicista, tuttavia, non si occupa di produrre un insight non si preoccupa di far
giungere il fruitore ad una consapevolezza che renda le sue passioni integrabili stabilmente nella
sfera dell’Io. Ciò che conta non è arrivare ad una conoscenza trasformativa quanto aprire una
finestra sull’inconscio, senza tuttavia una intenzione di guidare o di incanalare le pulsioni del
fruitore in una o in altra direzione.
Questo compito è affidato al musicoterapeuta ed è ciò che affrontiamo nel prossimo paragrafo.
MUSICOTERAPIA E LA ELABORAZIONE DEL TRAUMA
Il processo artistico può quindi essere considerato una via di accesso privilegiata nel processo di
elaborazione del mondo interno. L’ arte contiene in sé una potenzialità integrativa e riparatrice.
Potremmo dire che la terapia musicale è prevalentemente basata sull’ascolto. L’essere umano ha
bisogno di ascoltare, di essere ascoltato e di essere compreso.
Questo processo umanizza l’essere umano attraverso l’ascolto dove ascoltare significa sospendere
l’azione e privilegiare una posizione recettiva di osservatore. L’ascolto presuppone un silenzio
esterno e soprattutto un silenzio interno che possa accogliere il racconto dell’altro.
Le sedute di musicoterapia nell’ambito oncologico e delle cure palliative creano una integrazione
dinamica tra corpo, voce, suono, musica e parola. Si tratta di un ambito in cui le esperienze
proposte possono portare ad una esplorazione e comprensione del vissuto che integra differenti
linguaggi (Mancia, 2004).
Nella terapia musicale il pensiero corporeo, il pensiero sonoro, il pensiero musicale, il pensiero
verbale si arricchiscono a vicenda, in un processo circolare, nel contenitore terapeutico dell’ ascolto
inteso come ciò che da senso ai sensi, che diviene mediatore tra corpo e mente. Sublimare il corpo
in parole dare forma mentalizzabile al dolore infinito che l’ esperienza del paziente ha in sé e non
può ancora essere simbolizzata. Si tratta di esplorare la dimensione corporea, istinti, pulsioni e
fantasie inconsce che parlano e oltrepassano qualsiasi sistema simbolico rendendosi presenti ai
sensi, nel vivo della propria corporeità (Gaita, 1991).
In altre parole possiamo dire che uno degli strumenti per ascoltare quel pre-verbale inaccessibile al
paziente è la sensibilità estesico-estetica (Di Benedetto, 2000).
Il musicoterapeuta ascolta il corpo del paziente ascoltando il proprio corpo, ascoltando come la
presenza del paziente modifica la sua percezione corporea e il suo mondo interno affettivo ed
emotivo (Lorenzetti, 2001). Una sorta di risonanza sensoriale come base per una sintonia affettiva e
di una trasmissione di contenuti affettivi inconsci. Accedere ad una struttura di pensiero non
organizzato dal verbale al corporeo. La terapia musicale per divenire tale prevede una elaborazione
delle esperienze vissute.
Un aspetto fondamentale è il rapporto empatico, inteso come capacità di sperimentare internamente
emozioni e stati d’animo sperimentati dal paziente e di rielaborale per restituirle in una forma
modificata e maggiormente accettabile al paziente.
L’empatia è tale solo come frutto di relazioni mature che offrano la possibilità di affrontare
separazione e capacità di non essere assorbiti risucchiati in dinamiche negative non sopportabili e
troppo forti. Predisposizione affettiva di fondo caratterizzata da attenzione a tutto quanto si svolge
nel rapporto una cura amorevole per la sorte del soggetto in una stretta condivisione (Bolognini,
2002). Come i pazienti spesso indicano ci troviamo tutti “sulla stessa barca” ovvero sullo stesso
piano esistenziale, ma tuttavia con la consapevolezza di avere ruoli differenti che permettano di
indirizzare la rotta ascoltando il vento emotivo ed affettivo del momento presente.
In questo senso il silenzio che la terapia musicale offre è un silenzio che rimanda alla condizione
necessaria al suono per essere inteso, perché possa esprimere senso.
La musica, per esistere, ha bisogno di pause. Nasce dalle pause. Si tratta di un silenzio che segna un
confine, che argina il troppo, che cancella il rumore. Ma oltre a questo, se si supera la paura del
nulla che il silenzio richiama, se non si ha orrore di riconoscere quel vuoto che ci si affretta a
riempire, e lo si lascia agire, si può trovare la strada verso un’apertura, nuovi orizzonti di senso, un
gioco di pieni e di vuoti, un movimento verso ciò che non può essere espresso. Non soltanto il
silenzio in se stesso come assenza del mondo. Ma silenzio come movimento, come viaggio verso
qualcosa: movimento che scava silenzio intorno ai suoni, che trova il silenzio all’interno del suono.
Un divenire silenti e scoprire l’ascolto (Rovatti, 1992). Un silenzio che non è perdita della parola
ma come parola allo stato puro che abita la sua origine, divenendo parola e discorso interiore,
silenzio pieno e portatore di sentimenti e stati d’animo (Gaston & Gaston, 1999).
Silenzio che si offre come opportunità di dare voce e parole a chi, immerso nel dolore immenso e
non consolabile che appartiene al percorso esistenziale dell’essere umano che affronta la malattia
oncologica nelle sue diverse fasi, prova a trovare un senso per la propria esistenza ferita e sofferente
(Suvini, 2015).
MUSICOTERAPIA ED ESPERIENZA: IL GRUPPO E LA ELABORAZIONE VERBALE
Nel contesto oncologico vi sono alcuni importanti obiettivi perseguibili. Un primo nucleo si
riferisce alle potenzialità che la presenza del gruppo svolge. Tali funzioni sono riferibili alla
coesione del gruppo, al senso di appartenenza, al legame reciproco di fiducia e alla possibilità di
condividere esperienze emotive personali correlate ad un alleviamento delle proprie condizioni di
sofferenza. Il gruppo può essere considerato come una entità le cui proprietà di insieme possono
avere sui membri forti effetti e agire come forze potenti di cambiamento (Lo Coco, 2006).
Un secondo aspetto a cui la musicoterapia rivolge la sua attenzione riguarda la possibilità di
esprimersi a livello emotivo che è considerato uno dei fattori terapeutici fondamentali sia sul piano
intrapersonale che interpersonale. I pazienti che sperimentano un senso di accettazione,
comprensione e protezione si riferiscono sia al gruppo che al proprio mondo interno.
Un terzo ambito di lavoro è rintracciabile nella definizione della identità attraverso le molteplici
relazionale che si sviluppano nel gruppo terapeutico. E’ importante dare attenzione agli stili
relazionali dei pazienti ed è pertanto fondamentale monitorare i confini interni di ognuno dei
partecipanti (Yalom, 1995). Possiamo da questo punto di vista affermare che i pazienti con un
migliore livello di funzionamento interpersonale quali stile di attaccamento, autostima, qualità delle
relazioni interpersonali, possano ottenere maggiori benefici dai gruppi terapeutici.
Per ciò che si riferisce al rapporto tra musica e parola svolgiamo alcune brevi considerazioni
partendo dall’ ambito musicale passando per l’ambito psicoanalitico e arrivando attraverso le teorie
inter-soggettive alla pratica musicoterapica.
In ambito musicale appare del tutto evidente il profondo legame tra musica e parola. La quantità di
composizioni che uniscono la musica ad un testo verbale è molto superiore alla musica solamente
strumentale. In questo senso molti differenti autori sottolineano come questi linguaggi si integrino e
si valorizzino a vicenda (Fubini, 1973; Dalmonte, 2002).
In ambito psicoanalitico appare sempre più evidente la attenzione di molti psicoterapeuti e
psicoanalisti alla musicalità delle sedute: ritmo, pause, timbro e intensità narrativa dei pazienti sono
in molti casi considerati come fattori rilevante ai fini della comprensione empatica e della
interpretazione dei contenuti riportati dai pazienti in seduta (Gaita, 1991; Di Benedetto, 2000;
Bolognini, 2002; Mancia, 2004).
Nelle teorie inter-soggettive le modalità relazionali sono spesso descritte utilizzando termini che
appartengono al mondo musicale. Diversi autori definiscono infatti come elementi fondamentali
della relazione la forma, il ritmo, la ripetizione e l’ intensità (Stern, 2010).
Tutto questo ci aiuta a comprendere come nei gruppi di musicoterapia sia necessario integrare
esperienze corporee, sonore, musicali e verbali in modo che si arricchiscano e si fecondino a
vicenda consapevoli che la forma è sempre una rappresentazione imperfetta della forza che l’ha
creata (Priestley, 1989).
Le esperienze in questo ambito non sono riferite alla musica in sé ma alla relazione tra le persone e
la musica. Possiamo parlare di elaborazione del trauma in riferimento alla possibilità di integrare
differenti linguaggi, corporei, sonori, musicali e verbali permette che consentono un lavoro di
elaborazione e trasformazione particolarmente efficace. Questo processo attiva un rapporto
profondo e intenso con la dimensione nostalgica da cui sono iniziate le nostre riflessioni.
Viene recuperata una parte del vissuto direttamente riattivato dalla musica e viene illusoriamente
rivissuta una esperienza che è passata e che non può tornare. In questo senso l’esperienza è per il
paziente nello stesso momento estremamente vivida, piacevole e intensamente dolorosa.
Riemerge così l’importanza del gruppo che ha una funzione di comprensione, condivisione, e
contenimento nei confronti del paziente. Si tratta di una esperienza che può essere rivissuta grazie
alla potenza evocativa del linguaggio musicale e traducibile in parole attraverso le parole dell’
incanto che possiedono appunto un particolare canto interno e una speciale consistenza sonora
(Dogana, 1990).
METODOLOGIA DI LAVORO
FINALITA’ E OBIETTIVI
La finalità primaria della musicoterapia in questo contesto è quella di migliorare la qualità di vita
dei pazienti contribuendo ad alleviare i sintomi, indirizzando i bisogni psicologici, offrendo
supporto e conforto, facilitando la comunicazione e incontrando i bisogni spirituali della persona
(Dileo & Loewy, 2005, Krout, 2001; Bradt & Dileo 2011; Bradt, Dileo, Magill & Teague 2016;
McClean, Bunt & Daykin, 2012).
Nei contesti oncologici e nelle cure palliative gli interventi di musicoterapia devono essere
necessariamente creativi e flessibili per aiutare il malato ad affrontare i molteplici aspetti e le
diverse fasi della malattia.
Diverse esperienze testimoniano come la musicoterapia possa assistere e sostenere anche familiari e
caregivers negli aspetti del coping, della comunicazione e dell’elaborazione del lutto (Dileo &
Loewy, 2005; Magill, 2009; McFerran, Roberts & O’Grady 2010; O’Callaghan, 2011).
Nell’ultimo decennio è notevolmente aumentato il numero di interventi specialistici di
musicoterapia a sostegno del paziente, sia adulto sia pediatrico, nelle complesse problematiche
associate alla malattia oncologica.
CRITERI DI INCLUSIONE
Le ragioni per cui un malato oncologico può essere indirizzato alla musicoterapia includono
problematiche connesse all’ansia e alla depressione, al dolore e alla forzata immobilità fisica, alla
gestione della rabbia e al progressivo isolamento e ritiro dalle relazioni, al desiderio di. In hospice e
nelle cure palliative, quando il malato in fase avanzata di malattia, la musicoterapia è offerta anche
in risposta ai bisogni spirituali, all’interno della più ampia finalità di sollievo e accompagnamento
del malato e della sua famiglia.
TECNICHE E ATTIVITA’ PROPOSTE
In ospedale il setting musicoterapico richiede una strutturazione flessibile in base alle alle
condizioni cliniche dei pazienti, ai tempi delle terapie mediche e alla esigenze organizzative dei
reparti. L’approccio metodologico musicoterapico deve necessariamente prevedere un utilizzo
flessibile ed integrato di molte tecniche musicoterapiche attive e recettive.
Le tecniche attive di libera improvvisazione sonoro-musicale e di scrittura di canzoni sono utilizzate
con pazienti in grado di creare forme sonoro-musicali condivise con il musicoterapeuta che
assumono una funzione simbolico-espressiva del vissuto del paziente (Aasgaard, 2001; Barrera,
2002; O’ Callaghan, Sexton & Wheeler, 2007; Robb et al., 2008; Mc Ferran, 2011; Colwell et al.,
2013).
Le tecniche recettive di ascolto musicale e di Immaginario Guidato e Musica (GIM) possono
essere utilizzate in situazioni in cui l’attivazione fisica o sia molto faticosa o ormai compromessa;
hanno un maggiore impatto sulla dimensione percettivo-corporea favorendo l’allentamento della
tensione fisica e psicologica e il contatto, attraverso l’esperienza sonoro-immaginativa, con
tematiche esistenziali e spirituali. (Hilliard, 2003; Burns, 2001; Bonde, 2005;).
Le sedute possono svolgersi individualmente, nelle stanze di degenza o in gruppo sia nei
reparti di degenza che nei day-hospital. Le sedute di preparazione e accompagnamento delle
procedure dolorose e chirurgiche, che sempre più frequentemente si realizzano soprattutto in
ambito pediatrico, possono svolgersi in nella stanza di degenza e nella sala chirurgica. (Ghetti,
2012; Scali, Signorini, Turrini, Suvini & Bracarda, 2013;).
RICERCA E VALUTAZIONE DEGLI ESITI
Il tema della valutazione degli esiti della musicoterapia è un tema da tempo al centro dell’attenzione
della comunità professionale e scientifica internazionale; tale aspetto assume risvolti estremamente
complessi che coinvolgono aspetti etici e deontologici. In questo ambito è assai difficile riuscire ad
isolare la dimensione quantitativa dell’evidenza da quella qualitativa dell’esperienza vissuta dal
paziente.
Negli ultimi quindici anni anche la musicoterapia ha cercato di rispondere alle richieste
dell’approccio “evidence based”, adoperandosi in diversi contesti clinici per affiancare ai resoconti
e alle osservazioni cliniche strumenti per la valutazione quantitativa di diversi parametri
fisiologici e psicologici.
Dal 2000 sono comparsi diversi studi quantitativi randomizzati controllati (Burns, 2001; Cassileth,
Vickers & Magill, 2003; Hilliard, 2003, Horne-Thompson & Grocke, 2008, Nguyen, Nilsson,
Hellstrom & Bengston, 2010) sugli effetti della musicoterapia sul tono dell’umore, sui livelli d’ansia
e depressione, sul dolore e sulla qualità di vita nei pazienti oncologici adulti e pediatrici. Una prima
review sulla musicoterapia nella cure palliative (Hilliard, 2005) documenta l’aumento progressivo
del numero di musicoterapeuti impiegati ogni anno negli hospices e nei reparti ospedalieri
oncologici e la necessità di definire un approccio maggiormente basato sulle evidenze in tali
contesti.
In oncologia la musica è stata utilizzata sia con adulti che con bambini per diminuire l’ansia prima o
durante le procedure chirurgiche, per allentare la tensione durante i trattamenti chemioterapici o
radioterapici (Weber, 1997), per migliorare il tono dell’umore (Bailey,1983; Barrera, Rykov &
Doyle 2002; Burns 2001; Cassileth, Vickers & Magill 2003), per la gestione del dolore, per
potenziare il funzionamento immunitario (Burns, 2001;) e per migliorare la qualità di vita (Burns
2001; Hilliard 2003).
La Cochrane Collaboration ha pubblicato una review su “Music therapy for end-of-life
care” (Bradt, Dileo, Magill & Teague, 2016) e un articolo specifico (Bradt, Dileo, Grocke & Magill,
2011) che forniscono un panorama significativo sugli studi basati sull’evidenza prodotti negli ultimi
due decenni in tale ambito.
Gli autori sottolineano che nel valutare l’efficacia della musicoterapia in oncologia, è importante
fare una distinzione tra gli interventi proposti da musicoterapeuti qualificati (music therapy) e la
somministrazione di ascolti musicali gestite da medici o infermieri (music medicine).
Un insieme consistente di dati indica che gli interventi di musicoterapia si sono dimostrati più
efficaci e che la differenza può essere attribuita al fatto che i musicoterapeuti modulano i loro
interventi in modo più specifico sui bisogni individuali del paziente coinvolgendolo più attivamente
in esperienze musicali interattive (Dileo, 2005); seguono, inoltre, un processo terapeutico
sistematico che include l’assessment, il trattamento e la valutazione (Bradt, Dileo, Grocke & Magill
2011). Le reviews della Cochrane Collaboration con particolare riferimento alla più recente
pubblicazione (Bradt, 2016) riferiscono effetti positivi di tali interventi sulla qualità di vita,
sull’ansia e sul dolore; tali risultati devono però essere considerati con prudenza a causa di un
numero limitato di studi e di campioni di scarsa numerosità e di un alto rischio di bias. E’ necessario
pertanto ampliare il numero degli studi e delle ricerche prodotte per assicurare per la musicoterapia
un livello più consistente di evidenze.
Un altro tema relativo alla valutazione è quello degli studi e delle ricerche qualitative che sono
piuttosto numerose in oncologia e nelle cure palliative. Il loro focus è nel cercare di comprendere e
descrivere la qualità e il significato dell’esperienza della musicoterapia vissuta dai pazienti e dai
loro familiari e in che modo tale esperienza possa influenzare la qualità delle loro vite.
Vengono riportate esperienze condotte con pazienti in trattamento oncologico, palliativo e in fine
vita così come nell’ambito della riabilitazione oncologica integrata (Forinash & Gonzalez, 1989;
Bonde, 2005; Renz et al., 2005; Daykin at al., 2007; McClean at al., 2012).
Altri studi, riguardano la percezione e la valutazione del ruolo svolto dalla musicoterapia nel
processo di cura all’interno dell’equipe multidisciplinare e coinvolgono spesso anche familiari,
caregivers e membri dello staff che hanno beneficiato di questo tipo di sostegno offerto
(Lindenfelser, K.J. et al., 2008; Magill, 2009, O’Callaghan & Magill, 2009; O’ Callaghan, et
al.,2011; Clark et al., 2014; Hodkinson et al., 2014).
I temi riportati dai pazienti nei loro resoconti illustrano come la musicoterapia sia in grado di
contenere le loro preoccupazioni e migliorare le capacità narrative ed elaborative (Bunt & Marston-
Wyld, 1995; O’Brien, 2005 ), dia loro accesso ad esperienze emotive, sociali e spirituali positive e
significative (Aasgaard, 2005; Daykin et al., 2007; McClean at al., 2012) rappresenti una
opportunità per affermare la loro vitalità (Hogan, 1999 ; O’Callaghan & Mc Dermott, 2004), li
accompagni lungo un viaggio (Forinash, 1990) e sostenga i familiari, adulti e bambini, nel processo
di elaborazione del lutto (Magill, 2009; McFerran et al., 2010).
La varietà di metodi musicoterapici utilizzati in tale approccio dà l’ opportunità al paziente di
recuperare e sviluppare creatività, possibilità di scelta e arricchimento, libertà, cura, equilibrio,
significato; di ampliare e rinforzare la propria identità.
Sono discussi i vantaggi e gli svantaggi degli approcci quantitativo-positivista e qualitativo-
costruttivista nella ricerca musicoterapica in oncologia e cure palliative poiché ambedue questi
approcci non possono esaurire la verità assoluta dell’esperienza soggettiva in musicoterapia.
L’ approccio qualitativo-costruttivista maggiormente si incontra con uno stile di cura centrato sul
paziente e sulla sua famiglia nel tentativo di comprendere le realtà dei pazienti (O’Callaghan,
2009).
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Musicista, Musicoterapeuta, Docente presso Conservatorio di Ferrara e Aquila .Direttore Scuola di Musicoterapia di Firenze. Membro Consiglio Direttivo Scuola di Musicoterapia Officine Thelo